Perché l’oro esplode (di nuovo). E perché tutti lo stanno comprando.
L’oro continua a essere il bene rifugio per eccellenza. In questa parola, “rifugio”, c’è molto di come questo metallo prezioso si muove, cambia di valore ed emerge come asset d’investimento. Negli ultimi mesi si è assistito ancora a un forte rialzo del suo prezzo: grazie a molte variabili macroeconomiche, geopolitiche e strutturali che stanno spingendo la domanda. Ma Perché? Facciamo dalle origini di questo metallo.
Origini cosmiche dell’oro
L’oro giunse sul nostro pianeta attraverso meteoriti ricche di questo elemento. Quando la Terra si formò dall’unione dei detriti cosmici, il metallo denso sprofondò per lo più verso l’interno del pianeta, stabilendosi nel nucleo rovente, lasciando soltanto tracce nella crosta terrestre, da dove l’umanità lo estrae da migliaia di anni.
Il termine “oro” deriva dall’inglese antico geolu, che richiama il suo colore dorato. Per oltre due millenni, società di tutto il mondo lo hanno venerato per quella lucentezza e quel fascino.
Per i Maya antichi, ad esempio, rappresentava non solo ornamento, ma anche un potente simbolo di divinità solare.
Quella stessa elusività lo rese presto parte del tessuto degli scambi. Le prime monete coniate nacquero nel regno antico della Lidia, forgiate in elettro, una lega naturale di oro e argento.
Quell’innovazione pose le basi dei metalli preziosi come fondamento del commercio e della moneta.
La prima moneta in oro: Il Leone Ruggente della Lidia
L’impero dei Lidi si trovava nella parte occidentale dell’attuale Turchia e si ritiene sia emerso intorno al 1200 a.C., fiorendo nel VII secolo a.C. come cuore pulsante della ricchezza e del commercio anatolico.
Situata all’incrocio di grandi imperi, la Lidia prosperò grazie al commercio, all’artigianato e alle ricchezze del fiume Pactolo, le cui sabbie si dice brillassero d’oro.
Sotto Re come Gige e Creso, divenne un’economia sofisticata, un crocevia dove mercanti, minatori e sovrani si incontravano — e dove il mondo vide per la prima volta il metallo trasformarsi in denaro, la fede in fiducia.
L’innovazione Lidia trasformò l’oro da ornamento a sistema, una tecnologia della fiducia capace di attraversare confini e generazioni.
Templi e tesori accumulavano oro non solo per ricchezza, ma per legittimità.
Il suo luccichio su corone e altari simboleggiava ordine divino e potere politico.
I banchieri medievali di Firenze e Venezia emisero lettere di credito garantite dall’oro, primi esperimenti di fiducia astratta.
Nell’era industriale, l’oro divenne il contrappeso dietro promesse, valute e debiti.
Bretton Woods (1944) istituzionalizzò la fede statale nell’oro: la forza del dollaro era inseparabile dal suo peso.
Il Nixon Shock (1971) pose fine al legame diretto tra dollaro e oro. Per la prima volta nella storia moderna, il denaro non era più ancorato a qualcosa di tangibile — il suo valore dipendeva unicamente dalla fiducia collettiva in governi e mercati.
Quel momento svelò una verità profonda: la fiducia poteva muoversi liberamente, senza ancoraggi materiali. Ma rivelò anche un limite: quando quella fiducia vacilla, gli investitori tornano istintivamente verso ciò che resta reale, verso gli asset che ancora ancorano la credenza.
La sua scarsità, la fornitura limitata e la difficoltà di estrazione ne alimentano il valore.
Il prezzo dell’oro
Il prezzo dell’oro – espresso in dollari per oncia – fluttua proprio come quello di qualsiasi materia prima. Gli accordi internazionali prevedono che a stabilirlo, per due volte al giorno e sulla base degli scambi, sia la Borsa di Londra. Anche nel caso dell’oro, quindi, vale la solita regola: un aumento delle vendite farà calare il prezzo, mentre un aumento degli acquisti lo farà lievitare.
Tra i più grandi detentori di oro ci sono le banche centrali. Molte delle più importanti hanno sottoscritto un accordo, il Central Bank Gold Agreement, che punta a limitare l’influenza degli istituti sul mercato (e quindi sul valore) del metallo prezioso. Ma perché avere riserve così abbondanti? Lo spiega la stessa Bankitalia: la vendita e l’acquisto dell’oro “possono essere effettuati sia per scopi finanziari, sia per variare il livello delle riserve di una banca centrale; l’oro può essere poi dato in deposito per ricavare un reddito e infine può essere utilizzato come garanzia per ottenere dei prestiti sul mercato”.
La corsa del 2025: sismica, non sottile
Quest’anno il rally dell’oro non è stato lieve.
A ottobre 2025, l’oro ha toccato un picco di 4.380 $/oz, un balzo del 67% rispetto ai 2.624 $ di gennaio.
Al 31 ottobre, ha chiuso a 4.012 $/oz (+53% da inizio anno), dopo una breve presa di profitto intorno ai 4.000 $, tra la cautela della Fed e la volatilità pre-elettorale — ma i futures di novembre suggeriscono un nuovo slancio.
Fattori chiave:
Attese di tagli dei tassi USA, che riaccendono i flussi verso beni rifugio.
Tensioni geopolitiche (Cina–USA, rischio elettorale) che spingono i capitali verso asset difensivi.
Afflussi record negli ETF e accumulo istituzionale che superano la domanda retail.
Acquisti record delle banche centrali, ai massimi da decenni.
Previsioni:
Goldman Sachs fissa un target di 4.900 $/oz entro dicembre 2026, citando domanda strutturale e politiche favorevoli.
J.P. Morgan prevede 5.050 $/oz entro fine 2026, livelli da record sostenuti da un contesto macro positivo.
Le Banche Centrali Accumulano Oro, e perché conta
Le banche centrali restano la domanda silenziosa dietro la forza dell’oro.
Nel terzo trimestre 2025, gli acquisti ufficiali sono aumentati del 28% rispetto al trimestre precedente, raggiungendo 220 tonnellate.
Il totale da inizio anno arriva così a 634 t, sotto i record del 2022–2023 ma ancora ben oltre i livelli pre-2020.
Anche con i prezzi vicini ai massimi storici, gli acquirenti sovrani continuano ad accumulare oro in modo strategico, trattandolo come assicurazione strutturale, non speculativa.
Il quadro generale è imponente:
2024: +1.045 tonnellate — terzo anno consecutivo oltre le 1.000 t.
Primo semestre 2025: +415 tonnellate accumulate, guidate da Polonia, India, Cina e Turchia.
Proiezione 2025: 750–900 tonnellate, riflettendo il trend di de-dollarizzazione e la ricerca di coperture contro incertezze economiche e geopolitiche.
Questa domanda persistente riafferma il ruolo dell’oro come ancora strutturale nelle riserve globali — una garanzia di valore in un mondo finanziario in trasformazione.
Spunti di riflessione
Cosa possiamo dedurre quindi da questi dati?
L’oro merita di essere considerato come parte della strategia piuttosto che come “tutto e subito”. Serve come protezione, riserva di valore, diversificazione.
È importante valutare la proporzione giusta nel portafoglio in linea con obiettivi, orizzonte, tolleranza al rischio: e essere pronti anche alle fasi in cui l’oro può stagnare o retracciare.
Come sempre, una consulenza personalizzata è fondamentale dato che ogni cliente ha esigenze e situazioni differenti.