Educazione finanziaria al femminile: la situazione attuale.

L’uguaglianza di genere è un tema fondamentale in ogni società civile.

La situazione in Europa è abbastanza comune: secondo la Commissione UE le donne sono sotto-rappresenta nel mercato del lavoro e le perdite economiche dovute al gender gap si attestano sui 370 miliardi di euro l’anno. 
Le donne oggi sono sempre più qualificate, sono laureate in maggior numero rispetto agli uomini, ma, a causa di welfare mancante e penalizzante (che scarica su di loro la quasi totale responsabilità di cura), generalmente dopo il matrimonio e la nascita dei figli, scompaiono dal mondo del lavoro.

Nella classifica 2023 stilata dal World Economic Forum sulla partecipazione femminile alla vita economica, l’Italia è al 104° posto su 146 paesi.

È importante sottolineare che l’accesso all’istruzione e al lavoro fuori casa è un fatto molto recente per le donne, il cui unico ruolo prima del XX sec (e tuttora in alcuni paesi), era occuparsi della famiglia e dipendere completamente (come una “proprietà”) dal padre e successivamente dal marito.

Fino al 1965 in Francia nessuna donna sposata poteva avere soldi a nome suo, o poteva rivolgersi a uno sportello bancario senza essere accompagnata dal marito. Negli Stati Uniti è solo dal 1974 che le donne possono avere una carta di credito e un conto corrente intestato. Figuriamoci avere un’educazione finanziaria.

Per educazione finanziaria si intende la conoscenza del sistema economico in cui viviamo, la capacità di gestire autonomamente le proprie finanze, di pianificare spese, risparmi e investimenti.

Diversi studi riportano che le donne (in tutto il mondo, purtroppo non è un problema solo europeo) hanno meno conoscenze finanziarie rispetto agli uomini, perciò hanno difficoltà nella gestione del denaro e dei risparmi, problemi ad accedere a prodotti finanziari di investimento, minori possibilità di avviare una propria attività, con importanti conseguenze sull’indipendenza finanziaria.

Ad esempio uno studio del 2023, condotto da Allianz in sette paesi Europei, che poneva domande sulle finanze personali, ha rilevato che le donne rispondevano correttamente a 3,7 domande su 9, mentre gli uomini a 4,5.
Le donne statisticamente tendono ad avere meno competenze in finanza rispetto agli uomini, anche se un’altro studio condotto da Allianz ha constatato che l’educazione finanziaria dipende da chi deve fare le scelte economiche in casa: quindi quando le donne fanno più scelte di carattere finanziario, la loro conoscenza del settore è maggiore.

In Italia, una donna su due non è indipendente economicamente. Solo il 58% delle donne italiane ha un conto corrente intestato personalmente, il 12,9% ne ha solo uno intestato con il partner (11,6%) o un altro familiare, e il 4,8 non ne ha uno, neppure cointestato.

È una disparità di origine strutturale, che affonda le radici nella storia, nella cultura e nelle politiche sociali. 
Le cause sono:

Accesso a istruzione e mondo del lavoro,

Disuguaglianza economica tra generi: le donne sono portate a scegliere lavori part-time o addirittura a rinunciare alla propria occupazione per conciliare la vita familiare. Ne consegue uno stipendio più basso (circa il 13% in meno) e un maggior divario retributivo che si riflette anche sul pensionamento.
 Le donne hanno l’80% di probabilità in più di arrivare alla pensione in stato di povertà e per poter ottenere la stessa pensione dei colleghi maschi dovrebbero lavorare in media 4 anni in più.

Scarsa fiducia in sé stesse

Norme di genere obsolete: più della metà delle donne tende ad affidare le decisioni economico-finanziarie al partner, che accresce di conseguenza la propria conoscenza della materia, togliendo potere decisionale.

Stereotipi dannosi: come sostenere che le donne non abbiano le capacità o le competenze necessarie per comprendere la gestione dei denaro, o che siano “maniache dello shopping” che tendono a sperperare tutti i risparmi in futilità.

Un aspetto meno esplorato, quando si parla di gender gap, ma fortemente connesso agli aspetti precedentemente elencati, è la disparità di accesso ai servizi finanziari e al credito.

Il gender gap del Credito al consumo

Secondo le statistiche rese pubbliche a uno studio condotto da Università degli Studi di Milano Bicocca, sui dati relativi ai prestiti al consumo erogati da Deutsche Bank in Italia nel primo semestre del 2023, solo il 38,6% dei prodotti è stato sottoscritto da donne, (contro il 61,4% degli uomini). Divario che è aumentato rispetto a quanto registrato nel 2018 (58,7% vs 41,3%): in 5 anni, secondo questa analisi, sono stati persi quasi 3 punti percentuale in termini di partecipazione della popolazione femminile.

Risulta evidente quanto sia necessario un cambio di mentalità nella società tutta. Nonostante da decenni le donne, sulla carta, abbiano gli stessi diritti degli uomini, nella realtà molte di loro non lavorano o, quando lo fanno, guadagnano meno del proprio partner, delegandone le decisioni finanziarie: questo alimenta tutta una serie di fattori che le mette in secondo piano nelle decisioni familiari, soprattutto in ambito economico, portando anche a sacrificare il lavoro retribuito, a discapito della propria indipendenza economica (oltre che provocare perdite ingenti nel mercato del lavoro).

Donne e finanza: esempi di azioni per incentivare l'educazione femminile

Si sta lavorando molto per ridurre questo divario e per incentivare l’educazione finanziaria femminile. Ci sono diverse le azioni che si possono compiere, sia singolarmente che collettivamente. 

Per prima cosa è importante attivarsi personalmente: ogni donna dovrebbe essere messa nelle condizioni di poter gestire i propri risparmi. Il primo passo è quello di prendere dimestichezza con il funzionamento dei principali prodotti finanziari.

A livello collettivo, fin dalle scuole primarie è necessario stimolare l’interesse delle ragazze per la finanza, oltre a portare avanti politiche volte alla parità di genere: la parità di retribuzione, il congedo parentale retribuito, i servizi per l’infanzia a prezzi accessibili e un’educazione finanziaria migliore per tutti.

Gli operatori del settore devono investire in ottica di finanza inclusiva, per favorire l’accesso ai servizi finanziari da parte dei soggetti non del tutto integrati nel sistema.

Abbattere le barriere non è affatto semplice: è necessaria una stretta collaborazione tra organizzazioni pubbliche, datori di lavoro privati, fornitori di servizi finanziari e tecnologici.

Per una gestione dei risparmi efficace è consigliabile rivolgersi ai consulenti finanziari, per comprendere e muovere i primi passi, in sicurezza, nel mondo degli investimenti e della Pianificazione previdenziale.

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