Crisi climatica e investimenti
“Anche i fondi che investono in rinnovabili e ambiente si sono adeguati ai prezzi di mercato e sono inevitabilmente scesi come tutti gli altri investimenti, materie prime escluse”.
Il 2022 ha rallentato fortemente quello che sembrava essere un treno in corsa, partito a piena velocità nel 2020, l’anno dei grandi proclami di svolta climatica annunciati dai più importanti Paesi del mondo, come Unione Europea, Cina, Giappone e Stati Uniti. Annunci di piani ambiziosi per arrivare alla neutralità climatica ovvero al Net Zero entro la metà del secolo.
Il Net Zero, come enuncia il nome, consiste nell’obiettivo di raggiungere “emissioni nette zero” di gas serra, allo scopo di contenere il riscaldamento climatico globale: questo obiettivo è in linea con il target dell’Accordo di Parigi, che intende limitare il riscaldamento globale a +1,5° C entro la fine secolo.
Ma l’emergenza del conflitto Russia-Ucraina ha stravolto i piani e l’Europa sembra riconoscere che la transizione verde sarà lunga e annuncia l’inserimento del nucleare e del gas tra le fonti “green”, ma anche questo potrebbe non bastare.
Si parla anche di riapertura di centrali a carbone, per far fronte a prezzi del gas impazziti e per cercare di ridurre la dipendenza dalla Russia. Dopo la Germania anche i Paesi Bassi stanno alzando il tetto alla produzione delle centrali a carbone nel tentativo di prevenire una crisi energetica invernale dovuta al calo delle forniture di gas dalla Russia. A maggio, infatti, Gazprom ha interrotto le forniture di gas ai Paesi Bassi e Olanda dopo che questi non sono riusciti a pagare le consegne in rubli russi come richiesto da Vladimir Putin.
Significa che la transizione (che alcuni definiscono come “moda” del momento) sia già finita?
No, o meglio, si spera che il cambiamento sia reale e che non possa essere fermato, perché la posta in gioco è alta: le conseguenze del cambiamento climatico si evolvono più rapidamente del previsto, determinando maggiori calamità naturali a livello mondiale.
È ancora possibile ridurre le emissioni del 50% entro il 2030, ma a una condizione: agire adesso.
Gli edifici in cui viviamo e l’energia che consumano hanno un ruolo fondamentale nel processo di decarbonizzazione. Grazie al ricorso alle fonti rinnovabili, come l’energia solare, e a tecnologie più avanzate, tra cui pompe di calore e contatori smart, le abitazioni dei prossimi decenni potranno diventare “net zero”. Sarà un traguardo importante sotto il profilo ambientale (per mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi), ma anche sotto quello sociale, vista la volatilità dei prezzi di petrolio e gas.
Casa a Zero emissioni (Fonte Schroders)
In seguito all’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione Europea (CE) ha lanciato l’iniziativa “REPowerEU”. Tra le numerose esortazioni per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi,con l’invito rivolto a tutte le famiglie di accrescere il ricorso a pannelli solari, pompe di calore e soluzioni a basso consumo energetico.
In Europa gli edifici sono tuttora i principali responsabili dei consumi di energia (40% del totale) ed emettono il 36% dei gas serra poiché, in molti casi, come sottolinea la CE, sono alimentati da combustibili fossili.
L’80% dei consumi energetici delle famiglie deriva da riscaldamento, aria condizionata e utilizzo domestico di acqua calda. Ecco perché nel Green Deal europeo è stato stabilito che entro il 2050 in Europa tutti gli edifici esistenti, che attualmente non sono efficienti sotto il profilo energetico, dovranno raggiungere la neutralità climatica.
Lo scorso dicembre, la CE ha affermato di voler anticipare il raggiungimento di questo obiettivo e ha chiesto che tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero entro il 2030; l’autorità ha anche offerto numerosi incentivi e pubblicato nuovi standard di performance energetiche. Al tempo stesso, i governi dei vari Paesi cercheranno di disincentivare l’utilizzo di caldaie a gas negli edifici, avendo la facoltà perfino di vietare il ricorso ai combustibili fossili tout-court. Quanto agli edifici più vecchi, ristrutturare un’abitazione non è un’attività semplice, ma è essenziale per il raggiungimento di questi target. Ad esempio, nel Regno Unito meno del 2% delle case ha un sistema di riscaldamento a basse emissioni di carbonio, anche se il governo punta a installare oltre 19 milioni di pompe di calore in tutto il Paese entro il 2050.
Alexander Monk, Portfolio Manager, Global Resource Equities scrive:
“ Decarbonizzare le case è molto importante per contribuire alla transizione energetica.
I governi di tutto il mondo stanno già implementando cambiamenti significativi per contribuire alla creazione di abitazioni a emissioni zero. Quanto al riscaldamento, nel Regno Unito e in Europa, entro il 2030 occorrerà sostituire in molte case di nuova costruzione le caldaie a gas con pompe di calore elettriche.
Di certo, la ristrutturazione di case esistenti è più onerosa, poiché nella stragrande maggioranza dei casi sono ancora presenti caldaie alimentate a gas. L’idrogeno verde prodotto da fonti rinnovabili – seppur ancora in fase sperimentale – potrebbe offrire una soluzione: tramite l’energia solare si può produrre idrogeno da stoccare e riconvertire in elettricità al momento opportuno. Nel 2030 una casa potrebbe essere completamente indipendente dai combustibili tradizionali a vantaggio non solo dell’ambiente, ma anche delle famiglie che pagherebbero bollette più basse.”
Concludendo, il rischio climatico ridefinirà una significativa riallocazione dei capitali. Possiamo pensare che la transizione climatica, volente o nolente, creerà opportunità. La transizione verso il net zero creerà alcuni rischi ma anche una storica opportunità di investimento.